27.8.11

Ninna nanna, Ninna oh... questa voce a chi la do

Uno strano destino accomuna me e mia madre.
E' il destino della donna mummificata.

Mia madre ha passato... quanti? quindici anni? forse di più, per tutto il tempo delle scuole, dell'università e della specializzazione di mia sorella, ferma, in silenzio, senza poter muovere un muscolo, mummificata appunto.
Mia sorella è stata una di quelle che per passare un'interrogazione e poi un esame aveva bisogno di ripetere ad alta voce. E con un testimone. Mia madre, porella, e solo mia madre. Un testimone che però non doveva arrischiarsi nemmeno a muovere il bulbo oculare, starnutire o scacciare una mosca, figuriamoci poi intervenire o correggere le gran panzanate che a volte uscivano fuori. Pena urla, sbattimenti di libri e: "Insomma! Mi devi aiutare o interrompere?" oppure "Perché ti gratti? Non ti distrarre" o ancora "non pelare le patate, non fare il caffè, non tossire"...
'na pazza. Il perché mia sorella avesse bisogno di confrontarsi con un fantoccio lobotomizzato rimane un mistero.
Ad un certo punto mia madre c'ha fatto il callo e ha imparato presto a mettersi in modalità off per interi pomeriggi, facendo entrare dentro di se e subito uscire quelle che ormai il suo cervello interpretava solo come vocalizzazioni senza senso, forse sognando di prati immensi, camminate sulla spiaggia, musiche celestiali... Si chiama training autogeno.
Nel suo caso, più banalmente: istinto di sopravvivenza.

21.8.11

Sofia come Elisewin. Un libro può cambiarti la vita. Rovinarla, anche.

< inizio sigla Quark > Le formiche cercano il cibo. La loro è una straordinaria organizzazione di massa fatta di attività diverse. Ma la loro prima attività, come sopravvivenza comanda, è quella di cercare CIBOCIBOCIBOCIBOCIBOCIBO. 
Durante il viaggio, che può esser lungo fino a 200 metri, il comandamento primo è: CIBOCIBOCIBO.
Si mettono lì, in fila indiana come i sette nani e ♫ andiam, andiam, andiamo a cercar il pan  
Non fanno nient'altro, le formiche esploratrici. Non è che fanno soste di ristoro, non si fermano agli autogrill per presa pipì isterica, non fumano sigarette sul ciglio della strada, non scattano foto al panorama. Uno, perché la specie non ha ancora scoperto il silicio e la sua applicazione nel chip; due, perché non pensano a null'altro che non sia CIBOCIBOCIBO. Indefesse, stacanoviste, bulimiche formiche. CIBOCIBOCIBOCIBO. < fine sigla Quark >
Sofia è una formica.
No, dico, quando usciamo, scendiamo al centro, Sofia è come una formica.
Siccome, ringraziando Dio, l'angoscia per la sopravvivenza, nonostante certe manovre politiche fallimentar-berlusconiane e la massiccia deontologia speculativa - no, non è un ossimoro, non più -, è qualcosa che nel mondo occidentale non si da più, almeno nella maggior parte dei casi, quando siamo fuori, da brava figlia dell'Occidente, Sofia è una formica vorace di musica.
Non importa che tra noi e la fonte ci siano centinaia di metri, non importa che io sia fornita di tacchi e fitte lancinanti all'alluce valgo, non importa che l'intenzione sia di andare da tutt'altra parte.
Lei va. In uno stato delirante MUCHICAMUCHICAMUCHICA, ignorando pedoni, sassi, scaffe, pali, cacche canine, lei va.

14.8.11

Io torno

No, va bene. Bello, eh? Tutto bello.
Al paese del Riccio sembra di stare dentro l'ultima bolla sparuta senza tempo di questo pianeta. Ma che ore sono? Che giorno è? è il leitmotiv che ci ha accompagnato per tutto il soggiorno. Si vive come se gli accadimenti non avessero un inizio né una fine, stanno sospesi in aria aspettando di essere acciuffati come mosche sonnolente. Credo non c'entri il fatto di essere in vacanza, lontano dalle intransigenze delle attività quotidiane. In questo paese il tempo sospeso è un fatto esistenziale per tutti, sia per i forestieri che per quelli del luogo. 
I viottoli assolati e polverosi, infrascati di fichi d'india e silenzio non sono altro che ghirigori incastonati in questo modo di stare. E' un'aria buona, gentile, che apre le gole serrate dalla velocità incosciente, ci costringe a rallentare, a intorpidire la testa, a camminare a passo d'uomo. Perché qui c'è la misura d'uomo.
Ce ne siamo presa tanta di polvere gialla da steppa sui piedi.

10.8.11

Io vado

Preparo la valigia.
La bimba morbida e rotonda mi gira attorno e combina di tutto. In questo momento cerca di mettere il suo Winnie the Pooh gigante sull'asse da stiro perché avrà deciso che per par condicio anche le sue cose devono essere stirate. Spero solo che non decida per il seggiolone.
Scrivo in piedi perché le sedie si sono gentilmente offerte di immolarsi alla causa partenza, soffocate dall'immane mole che sto portando per soli tre giorni. C'è grande baraonda qui a casa, fatta di roba da portare, musica ad alto volume, sgridate a Sofia, poi pace, lei in braccio, alzate a ballare.
Il cuore tamburella, vuole dire la sua, che è contento di andare altrove. Vedere forme nuove, sentire altre voci. Mangiare di cose che non si conoscono e di cui si ha bisogno.
E' un post ridicolo e non ha motivo d'essere.
Solo vorrei farvi entrare qui in questo mio giorno per, visto che non l'ho mai fatto, ringraziarvi profondamente tutti, tutti voi, per l'attenzione gratuita nei miei confronti e per la mia storia, uguale a miliardi di altre storie, e perciò seguita per affetto e non per prodigi di altro genere che qui non esistono. Di recente mi è capitato di rileggere vecchi post e commenti e dall'alto del tempo lontano da coinvolgimenti, ho visto una partecipazione forte e chiara. E chi l'avrebbe detto di ricevere così tanto, tra l'altro attraverso uno strumento  di cui appena due anni fa non riuscivo nemmeno a tollerarne l'esistenza. 
E invece è un miracolo della vita potersi raccontare, e poter essere accolta da orecchie gentili che non vogliono nient'altro che accogliere, e avere il coraggio di narrarsi, di scrutarsi a fondo, senza concedersi sconti di sorta di fronte alle proprie spinose falle, ma anche capire fraseggi dell'anima che altrimenti sarebbero rimasti muti. Comprendersi di più. E alla fine di tutto accettarsi. Essere complice e testimone della propria vita.
Perché va bene così. 
E' per questo che oggi, tra due ore, parto e vado via senza lasciarmi in dietro niente. Mi porto ogni cosa, ogni cosa che mi pesa e che mi piace, che mi fa paura e che mi da forza. Tutto di me. E Sofia. E il Riccio. E il disordine, e le cose che devo ancora metter da parte ma di cui faccio fatica a disfarmi, e la voglia di andare avanti, e l'amore per le cose che ho. Parto ma non scappo. Scappo, forse, ma poi torno.
Vado a bagnarmi del nuovo ma mi porto la mia vita. Va bene così.

4.8.11

Veronica non veste Prada (per ora)

All'inizio lei è una giovane donna neo-laureata in cerca di lavoro come giornalista. Porta jeans comodi, scarpe comode, maglioncini comodi e comodamente cerca la sua strada. E' semplice, intelligente, innamorata, talentuosa, leggera e speranzosa. Una ragazza normale, insomma.
Incontra Miranda, l'impenetrabile stacanovista intollerante direttrice della rivista di moda più influente in circolazione.
Sembrerebbe che il mondo in tacchi e paillettes non centri niente con questa ragazza dal fare vagamente bohemien. Ma poi c'è questa scena straordinaria, intelligente, che fa saltare i coperchi.
E che, per quanto mi riguarda, parla a me. Roba e maglioncino ceruleo compresi. Perché anch'io chiamo roba certe cose; anch'io porto comodi maglioncini sfibrati cerulei; e perché anch'io snobbo e sottovaluto fin troppe cose evitandole con la scusa di prendermi troppo sul serio.
Inizia il valzer.
Jimmy Choo, Chanel, that's all continui e liquidatori, piani saltati all'improvviso, arrangiamenti repentini, panico, andare veloce, sempre più veloce, i tacchi di fretta per le scale, per strada, sbagli e risalite, Parigi, centinaia di capricci da gestire, un libro inedito da scovare, in un crescendo di frenesie e responsabilità.
E da ragazza morbida qual'era, si scopre efficiente ai massimi gradi e quei tempi da cardio palmo dietro ai quali arrancare diventano il suo nuovo mood, la strada di una nuova donna, diversa, che gioca d'anticipo e nemmeno lei immaginava di poter essere.
E poi molla tutto. Perché la trama è pur sempre leggera; perché il fidanzato è un piagnone; ma soprattutto perché alla fine quella Miranda, padrona di tutto e di tutti, lo è perfino di se stessa, e cioè è schiava.
E la ragazza decide che non è quello che vuole. E bon.
Rimane il fatto che ha avuto la sua più grande opportunità e se anche ora torna a portare jeans e maglioncini cerulei ormai si è messa in gioco, è salita su una giostra vertiginosa, è diversa.


Il diavolo veste Prada.

Sono sicura che da qualche parte di me c'è qualcosa della storia che mi appartiene.
So che mi potrebbe andare così. Andare veloce, velocissimo. Abbandonare quel maglioncino ceruleo. Incontrare una Miranda che mi renda frenetica, che mi dia l'opportunità di scoprirmi diversa.
Nel frattempo mi riservo il diritto di farmi un pianto mentre guardo il film. E di sentirmi un'idiota.